Ieri pomeriggio dopo che sono andata a prenderlo all’asilo ho proposto a Pietro di andare in un altro parco, un parchetto molto vicino in cui andavamo da piccoli sia io che il suo papà. E’ un campetto molto spartano, e i giochi sono molto usurati, però ha di bello che ha ancora uno di quegli scivoli originali in metallo (lo stesso di 30 anni fa) con una bella sabbiera sotto, e una fontanella di acqua accanto. Mi è sembrato che poteva essere carino andare li, ora che fa tanto caldo e potevamo fare finta di essere al mare! Così Pietro ha colto la mia proposta con enorme entusiasmo e ci siamo diretti, io a piedi e lui sulla sua oramai inseparabile bicicletta senza pedali, al parchetto con la spiaggia. Quando siamo arrivati c’erano pochissime persone, ci siamo guardati intorno e Pietro si è subito diretto verso una zona del parco dove ci sono i giochi per i bimbi più piccoli, tra cui un pallottoliere gigante dove ci sono due bimbi più grandi di Pietro, avranno almeno 4 anni, che giocano a spostare le palle e a nominare il colore. Io mi allontano di qualche metro e lascio che Pietro interagisca senza la mia presenza. Dopo aver osservato quello che stavano facendo i due bimbi cerca subito di interagisce e sposta anche lui un paio di palle. Uno dei bambini si accorge della sua presenza e immediatamente gli impedisce di partecipare al gioco, ma Pietro continua a spostare le palle e l’altro bambino interviene fisicamente e blocca le mani di Pietro e con tono da rimprovero gli dice “Bambino cattivo!”. Io rimango distante e vedo Pietro -con mio grande stupore- fare una cosa che non l’ho mai visto fare, prende la mano del bambino che lo stava bloccando e gli dà un morso. Rimango in osservazione a distanza. Se la caveranno da soli, mi dico. Se intervenissi a difenderlo sarebbe come autorizzarlo a mordere, e non voglio farlo, penso anche che quegli altri sono più grandi, sapranno difendersi, penso anche che a settembre alla materna avrà a che fare con bambini più grandi, e quindi dopo aver pensato tutto questo in un nanosecondo decido di continuare a non intervenire. Ma il bambino che è stato morso inizia a piangere come se gli avessero staccato una mano, inizia un pianto a sirena senza lacrime, per attirare l’attenzione della madre che era seduta con un altra mamma qualche metro più in là. La madre arriva con un balzo a controllare la situazione e il bambino inizia ad urlare come se gli avessero segato un braccio, non la smette di piangere neanche dopo l’arrivo della madre, continua a dire “bambino cattivo, bambino elettrico” rivolgendosi a Pietro (“bambino elettrico”???) e Pietro lo guarda senza batter ciglio. A questo punto mi avvicino e cerco di spiegare la situazione, ma non faccio in tempo ad aprire bocca che immediatamente vengo attaccata dalla mamma del bambino-sirena che mi dice “E però suo figlio ha azzannato mio figlio e lei sta li e non dice nulla?”. Io respiro, conto fino a 2 e poi le dico “Signora mio figlio non l’ha mai fatto guardi, è la prima volta, è successo che voleva giocare con i bimbi e loro lo hanno respinto e suo figlio ha detto a mio figlio che era un bambino cattivo, e visto che mio figlio non è abituato a sentirsi dire che è cattivo perché non lo è, evidentemente avrà ritenuto di difendersi mordendo le mani che lo stavano placcando!”. La madre prende il bambino e inizia una scena con molto pathos in cui la madre consola il figlio esagerando molto, come se davvero gli fosse successo qualcosa di grave e poi continua a dirgli “vieni che ti sciacquo” prende una bottiglietta d’acqua e gliene versa la metà sulla mano. Io guardo la scena con gli occhi sgranati, mio figlio è la metà del suo, gli ha dato un morsetto sulla mano, e lei spreca una bottiglietta d’acqua per sciacquargliela da cosa? Mica ha la lebbra che deve sciacquare via, e poi Dio mio, c’è una fontanella di acqua che sgorga a due metri di distanza! Mi sembra proprio tutta una grande esagerazione e amplificazione. Mi sembra una scena surreale. Comunque non dico nulla a Pietro e ci spostiamo, andiamo nella sabbiera a giocare.
Mi siedo all’ombra su una bella panchina di legno verde, tira una leggera brezza, si sta bene. Pietro scivola da uno scivolo accanto alla sabbia sopra cui ci sono altri due bambini appena più piccoli di lui, lui è molto attento, aspetta il suo turno, scende, aiuta la bambina a raccogliere le macchinine che le sono cadute, insomma.. tutto regolare, posso anche rilassarmi. Intanto che Pietro gioca inizio ad incuriosirmi alle frasi che sento provenire alla mia destra, le due mamme dei due bimbi sullo scivolo. Parlano tra di loro e poi ogni tanto si appellano ai figli: “non lanciare la macchinina dallo scivolo”, “siediti bene per scendere”, “tieni le gambe dritte”, “hai sete? vuoi il thé? hai fame? vuoi i crackers? vieni qui che ti metto l’antizanzare, tieniti stretto quando scendi, fai passare il bambino, non lanciare le macchinine (aridaje), non andare sulla sabbia, scendi da questa parte, vieni che ti si è spostato il cappellino, non andare sull’altro scivolo che ti sporchi tutto di terra”… Non ce la faccio a sentire oltre e per smorzare questa pressione propongo a Pietro di togliersi le scarpe, così è più libero di sporcarsi e non dobbiamo pensare alle scarpe. Loro (the others) mi guardano come se avessi nominato il diavolo, e in men che non si dica anche i loro figli vogliono imitare Pietro nello scalzamento. E li inizia una pantomima senza fine che ha del ridicolo: una delle mamme si avvicina alla sabbiera (indossa un paio di infradito) e inizia a dire “mi sono tutta sporcata di sabbia, ecco vedi, per venirti a prendere mi sono dovuta sporcare i piedi di sabbia, dai vieni via da qui che la sabbia è sporca, qui non siamo al mare!” e prende il bambino per un braccio e lo porta via. Il bambino oppone resistenza, vuole proprio giocare nella sabbia con gli altri bimbi, i secchielli e le palette, e lei gli intima che se va ancora nella sabbia lo porta a casa e gli ordina di giocare sullo scivolo. “Vai a giocare sullo scivolo, ma non lanciare le macchinine”. L’altra madre invece impedisce alla figlia di entrare nella sabbia con modi più ricercati: “Smettila di fare i capricci subito altrimenti andiamo a casa, se stai nella sabbia non ti compro il gelato”. Ed eccolo li che arriva in tutta la sua imponenza il ricatto affettivo con il premio alimentare. Fantastico. La Tata docet. Se fai da bravo ti premio, se fai da cattivo ti punisco. La bimba si oppone e vuole scendere dallo scivolo che è tutto insabbiato perché altri bimbi giocavano a far scivolare la sabbia. La madre entra come in panico, corre allo scivolo e inizia a pulirlo dalla sabbia con i piedi, per poter far scivolare la figlia senza che si “sporchi” i vestiti, le fa fare accompagnandola mezza scivolata, poi la solleva di peso e la mette sul passeggino e la imbraga. La bambina inizia a piangere seriamente allora lei la porta in passeggino a prendere il gelato, a 20 metri di distanza. Tornano con il ghiacciolo e quando Pietro la vede mi chiede se possiamo andare a prenderne uno anche noi. Gli rimetto le scarpe e andiamo.
Quando torniamo lo scenario è cambiato, le mamme non ci sono più, ed è arrivato un altro gruppetto di bimbi e mamme e uno di questi bambini ha in mano un oggetto del desiderio infinito per mio figlio, la pistola ad acqua! Pietro mi guarda e mi dice che la vuole, ma il bambino è appena arrivato e ci sta giocando lui, non sarà disposto a dargliela. Allora gli spiego che sarebbe meglio aspettare qualche minuto e chiederla dopo. Ma quello viene a sventolarcela sotto il naso, e Pietro la vuole, inizia a piagnucolare dicendo che la vuole. Cerco di distrarlo in altro modo e lo porto al campetto a giocare un pochino a calcio e a fare i gol.
Quando torniamo e rivede la pistola ad acqua ricomincia a piagnucolare che la vuole, allora lo esorto ad andare a chiederla lui stesso al bambino, e gli suggerisco di proporgli uno scambio: “offrigli la tua bicicletta senza pedali in cambio della pistola e vedi cosa ti dice”. Pietro pretende che sia io a fare la negoziazione, ma io da qualche tempo lo esorto a fare da solo, in previsione della scuola materna vorrei proprio che iniziasse ad imparare a negoziare da solo e a trovare soluzioni in modo autonomo nelle negoziazioni con gli altri bimbi. In queste situazioni diventa molto timido, e preferisce fare riferimento a me, quando ci sono io. Lo esorto a fare da solo, a prendere la bicicletta e fargliela vedere e proporre lo scambio. Gli dico che io sto qui a guardarlo, ma vorrei che andasse lui a fare lo scambio. Ci pensa su un attimo e poi prende di peso la bicicletta e la porta al bambino con la pistola ad acqua: gliela mostra e gli chiede uno scambio. Il bambino lo guarda, e immediatamente gli porge la pistola e fa per salire sulla bici quando si accorge che mancano i pedali, allora con aria interrogativa guarda Pietro che monta in bici e gli fa vedere come funziona e gli dice “E’ senza pedali, devi usare i piedi per spingerti, puoi andare veloce!” Al bambino si illumina il viso e inizia a correre sulla biciclettina e Pietro viene da me tutto soddisfatto con la pistola, e andiamo a riempirla alla fontanella insieme.
Il pomeriggio prosegue benissimo, Pietro gioca con questo bimbo e con gli altri bimbi nella sabbia, scambiandosi gru e trattori, secchielli e palette e -quando nessun adulto interviene- va tutto liscio come l’olio.
Quando stavamo tornando a casa mi ha chiesto di tornarci ancora, ma stavolta saremo muniti di pistola ad acqua anche noi!